domenica 22 maggio 2011

La coscienza di un popolo.

La vicenda dell'11 settembre si trascina dietro, da cinque anni, un mistero nel mistero.
Nell’edizione del 5 giugno 2006 del New York Times, è apparso un articolo illustrato, su un terzo della pagina A19, sul concetto che gli attacchi terroristici dell’11 settembre furono patrocinati dal governo americano. L’articolo era intitolato “For 9/11 Conspiracy Buffs, a Chance to Compare Notes” [Per i patiti del complotto dell’11 settembre: la possibilità di confrontare delle osservazioni]. Era firmato da Alan Feuer.
Il punto è che l'articolista non l'ha affatto messa in burla, né ha insinuato che i complottisti dell’11 settembre sono adatti essenzialmente all’ospedale psichiatrico. Nulla del genere in tale articolo. Il New York Times ha persino definito i ricercatori dell’11 settembre “scienziati”. Ed è stato fornito il sito web di questi dissidenti: 911Truth.org
L’anomalia del crollo dell’edificio n°7 del World Trade Center, che non venne attaccato in nessun modo visibile, ma che cadde comunque, seppur misteriosamente, è stata citata invece che evitata. Parimenti notati dal Times sono argomenti scabrosi quali il crollo delle torri del World Trade Center mediante “demolizione controllata”, e il fatto che il comando militare che monitora gli aerei “smontò di guardia” il giorno degli attacchi. Il professor Steven E. Jones, fisico, viene riconosciuto dal New York Times come l’antidoto al Rapporto del National Institute of Standards and Technology, che sostiene di aver demolito l’idea che il crollo dell’edificio n°7 del WTC fu un’anomalia di qualsivoglia genere. Viene fornito un lungo URL della relazione confutatoria del prof. Jones.
Il tenore dell’articolo del New York Times è assolutamente rispettoso. Afferma che vi sono buone ragioni per credere che il governo americano fece tutto ciò ai propri cittadini. Una concessione decisamente sbalorditiva, nel “giornale ufficioso” della nazione, in un articolo che occupa un terzo della pagina 19 nella prima sezione del giornale, sotto il titolo “New York Report”.
L’articolo del Times del 5 giugno è senza precedenti; avrebbe dovuto sollevare enormi ondate: l’addetto stampa di Bush avrebbe dovuto esserne interpellato, Ann Coulter l’avrebbe dovuto affrontare, il prof. Jones avrebbe dovuto stare su tutti i network d’informazioni. Il New York Times avrebbe dovuto commentare con un editoriale.
Invece non accadde nulla. Nessuna reazione.
Come è possibile? Per anni la domanda è rimasta senza risposta. Un mistero nel mistero, appunto.
Sul suo blog Andrea Carancini pubblica ora (post del 21 maggio) un'analisi di Michael Hoffman, noto revisionista storico statunitense, che tenta di dare una spiegazione. Una spiegazione agghiacciante.
Non so se Hoffman abbia ragione al 100%, però il suo articolo merita una lettura e un'attenta riflessione, perché tocca "nervi scoperti" del sistema che vanno ben al di là del singolo episodio dell'11 settembre. E' un articolo che non può non interessare ai frequentatori di questo blog perché affronta proprio, direttamente, i temi della verità e della libertà.

Nessun commento:

Posta un commento